L’antisepsi nella gestione della chirurgia della cataratta
Ad oggi per la terapia post-intervento di cataratta non esistono linee guida approvate dal ministero della salute, ma esclusivamente protocolli delle società scientifiche quali: ESCRS, AIMO e SOI.
Sarebbe importante mantenere il più possibile un atteggiamento omogeneo nei reparti ospedalieri per i protocolli terapeutici e assistenziali, impostare dimissioni con terapie topiche sostenute da evidenze scientifiche sostenute dalla letteratura, dimissioni con prescrizioni assistenziali (come mettere i colliri, gli orari di instillazioni, l’utilizzo di garze sterili in preparazione alla medicazione, cosa è consentito fare e cosa non fare al paziente), dimissioni di reparto e non personali, richiedere personale infermieristico dedicato nei reparti e nella sala operatoria, assistenza anestesiologica, sale operatorie maggiori con tutte le garanzie di legge, nell’U.O. di Oculistica del Policlinico San Pietro questo è il protocollo adottato, che sottopongo all’attenzione dei Colleghi. In modo particolare nel preoperatorio il paziente viene preparato in reparto con colliri midriatici, antibiotici cortisonici e FANS. Il paziente entra in sala operatoria indossando propria biancheria intima con un camice sterile fornito in reparto. Dopo l’instillazione del collirio anestetico, disinfezione della cute palpebrale e peripalpebrale con iodopovidone 5% o 10%. La fase intraoperatoria prevede la disinfezione del fornice con iodopovidone 5% per tre minuti, apposizione di telo sterile con finestrella adesiva, aperta la finestrella e posizionato il blefarostato con le ciglia trattenute sotto il telo, seconda disinfezione con iodopovidone 5% per tre minuti. Al termine dell’intervento somministrazione intracamerulare di cefuroxima 1 mg.
La terapia post-operatoria serve a migliorare il comfort dei nostri pazienti, prevenire le complicanze infettive, prevenire le complicanze infiammatorie del segmento anteriore e posteriore, prevenire complicanze quali l’edema maculare cistoide. La letteratura (1) ci dice che l’igiene peripalpebrale dai 3 ai 5 giorni prima dell’intervento riduce in maniera statisticamente significativa la carica microbica palpebrale e che l’utilizzo di antisettici come lo iodopovidone risulta importante (2). Valutare in modo serio queste modalità considerando che l’antibiotico-resistenza è un problema molto attuale e diffuso. L’antibiotico-resistenza è la capacità dei batteri di resistere all’attività di un antibiotico. I batteri resistenti sopravvivono all’esposizione all’antibiotico e continuano a moltiplicarsi nel tessuto colpito, forse provocando danni maggiori perché non contrastati dalla presenza di altri batteri. L’Italia è classificata dall’European Centre for Disease Prevention and Control (ECDC) come un paese a elevata prevalenza di multiresistenza. Il tema risulta importante considerando il rischio di endoftalmite nel post-intervento di cataratta. I principali patogeni coinvolti nelle endoftalmiti sono rappresentati dai Gram-positivi (92,5%) e nella restante parte dai Gram-negativi (7,5%) (Fig. 1). Il 40-50% degli Stafilococchi che causa infezioni (endoftalmiti, congiuntiviti, cheratiti) sono meticillino-resistenti (MRSA)(3).
Le linee guida ESCRS ci dicono l’importanza delle misure di profilassi quali l’antisepsi con povidone ioduro 5-10%, l’iniezione intracamerulare di cefuroxime (1 mg), l’antibiotico pre e post-operatorio risulta a discrezione del chirurgo. Nella tabella I possiamo osservare gli antibiotici che ad oggi abbiamo a disposizione contro l’endoftalmite e la posologia da utilizzare.
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Visualizza l’estratto del Convegno SIOL di Brescia. 8 ottobre 2021